Immaginate di costruire un impero. Mattone dopo mattone create un brand riconoscibile, un simbolo che racchiude valori, qualità e storia. Poi, un giorno, scoprite che qualcuno dall'altra parte del mondo sta usando un simbolo quasi identico al vostro, confondendo i consumatori e minacciando tutto ciò che avete costruito.
Vi sembra un incubo?
Eppure è esattamente ciò che è accaduto a Lacoste, il gigante francese dell'abbigliamento, nella sua battaglia legale contro Crocodile International in India.
La controversia affonda le sue radici negli anni '90 quando Lacoste, già attiva in India con il suo iconico coccodrillo, scoprì che Crocodile International aveva iniziato a commercializzare nel paese prodotti di abbigliamento con un marchio sorprendentemente simile al proprio. Il marchio di Lacoste, creato nel 1933 da Robert George per René Lacoste, il leggendario tennista soprannominato "Le Crocodile", era già conosciuto a livello mondiale e registrato in India dal 1983.
Crocodile International, da parte sua, sosteneva di utilizzare legittimamente il proprio simbolo in India basandosi su un accordo di "coesistenza pacifica" del 1983, firmato con Lacoste, che regolava l'uso dei marchi raffiguranti coccodrilli in determinati mercati asiatici. Tuttavia, il contenzioso esplose quando Lacoste contestò questa interpretazione affermando che, né l'accordo del 1983, né una successiva lettera del 1985, estendevano tali diritti all'India.
Uno degli aspetti più complessi della vicenda riguarda proprio la corretta interpretazione degli accordi del 1983 e del 1985. L'accordo del 1983, noto come "Co-existence Agreement", era stato stipulato per evitare ulteriori contenziosi legali tra le parti in mercati come Taiwan, Singapore, Indonesia, Malesia e Brunei. Lacoste aveva accettato di permettere a Crocodile International l'uso del marchio in questi territori, ma l'accordo non faceva esplicita menzione dell'India.
Nel 1985, Crocodile International presentò una lettera in cui affermava che la coesistenza si sarebbe estesa anche all'India, alla Corea, al Bangladesh e al Pakistan. Tuttavia, Lacoste contestò la validità di questa lettera sostenendo che non era stata firmata da entrambe le parti e, quindi, non aveva alcun valore legale vincolante.
Crocodile International affermò che il marchio "Crocodile", creato dal fondatore Tan Hian Tsin nel 1947, era già registrato in India dal 1952 e che i loro prodotti erano stati regolarmente commercializzati nel paese a partire dal 1997. A supporto della loro difesa, Crocodile International sottolineò che Lacoste era al corrente di questa situazione da anni, avendo ricevuto una notifica formale da Crocodile già nel 1998.
Lacoste, tuttavia, ribadì che il proprio marchio registrato in India dal 1983 garantiva loro diritti esclusivi sull'utilizzo del coccodrillo nel paese, e che l'accordo del 1983 non poteva estendersi al territorio indiano senza un'esplicita stipulazione legale, cosa mai avvenuta.
Nel corso del processo, Lacoste ha accusato Crocodile International non solo di violazione del marchio, ma anche di violazione del diritto d'autore, sostenendo che l'uso del simbolo del coccodrillo da parte di Crocodile International costituisse una replica illegale del proprio marchio iconico. Tuttavia, la Corte ha respinto l'accusa di violazione del diritto d'autore applicando il principio della "dottrina della fusione", che riconosce l'indipendenza delle creazioni artistiche di entrambe le parti nonostante le somiglianze.
In merito alla violazione del marchio, la Corte ha riscontrato che il simbolo di Crocodile International era "ingannevolmente simile" a quello di Lacoste e che il rischio di confusione tra i consumatori era significativo, dato l'utilizzo del simbolo su prodotti identici quali, per esempio, capi d'abbigliamento.
La Corte Suprema di Delhi ha concluso che Lacoste aveva pieno diritto di vietare a Crocodile International l'utilizzo del marchio del coccodrillo in India, poiché la registrazione di Lacoste del 1983 prevaleva su qualsiasi altro accordo.
La Corte ha quindi emesso un'ingiunzione permanente contro Crocodile International, impedendo loro di utilizzare il marchio contestato e ordinando la presentazione dei rendiconti sui profitti realizzati dal 1998, affinché Lacoste potesse ottenere un risarcimento.
Oltre a ciò, la Corte ha riaffermato un principio cruciale nel diritto dei marchi: la territorialità. I diritti su un marchio, infatti, sono validi solo nei paesi in cui il marchio è registrato o protetto da specifici accordi. Questa sentenza ha ribadito l'importanza di accordi bilaterali espliciti, confermando che l'India non era inclusa negli accordi di coesistenza del 1983 e del 1985. Nonostante Crocodile International avesse presentato la lettera del 1985 come prova di un accordo bilaterale, la Corte ha stabilito che tale lettera non aveva valore legale in quanto unilaterale e mai riconosciuta formalmente da Lacoste.
Ma c'è un altro aspetto interessante in questa vicenda: Lacoste ha accusato Crocodile International di "passing off", ovvero del tentativo di far passare i propri prodotti per quelli di Lacoste sfruttando la notorietà del marchio francese. Tuttavia, la Corte ha respinto questa accusa poiché Lacoste non è riuscita a fornire prove sufficienti della propria reputazione in India. E qui emerge un'ulteriore complessità: alcune prove presentate da Lacoste, quali articoli di stampa e materiale pubblicitario, sono state ritenute inammissibili perché prive della certificazione elettronica richiesta dalla legge indiana. Questo ha ostacolato la capacità di Lacoste di provare la propria notorietà in India, rendendo meno solida la loro argomentazione in merito al "passing off".
Per concludere, la sentenza della Corte Suprema di Delhi ha segnato una vittoria importante per Lacoste, chiarendo la portata geografica degli accordi di coesistenza e rafforzando i diritti territoriali sui marchi. La battaglia dei coccodrilli ci insegna che, nel mondo del business internazionale, la protezione del marchio è un asset strategico! Non basta creare un logo accattivante, bisogna infatti proteggerlo legalmente, monitorare il mercato e adattarsi alle specificità di ogni paese.
Inutile dire che una strategia di branding internazionale efficace richiede competenza, pianificazione e una visione a lungo termine.
E voi, avete già pensato a come proteggere il vostro "coccodrillo"?
Data
09/11/2024Categoria
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