proteggi il tuo brand come difendersi dai lookalike e dalle imitazioni

Sarà capitato a tutti almeno una volta: passeggiare tra gli scaffali del supermercato e notare un prodotto nuovo che richiama un brand noto. Stesso colore, design quasi uguale e anche il nome a ben vedere!
Ecco non è affatto un caso: il fenomeno si chiama “lookalike” (termine che significa “simile” o “che assomiglia a qualcosa”) e non è la solita banale contraffazione; piuttosto si tratta di creare prodotti che scimmiottano in modo furbo l’aspetto di articoli già popolari sul mercato. Diciamolo pure: è una bella zona grigia fra ispirazione innocente e concorrenza un po’ troppo spinta poiché l’intento finale, in sostanza, è attirare chi già conosce un certo prodotto sfruttandone la fama e la familiarità visiva, per poi vendere un articolo che sembri quasi gemello.

Dal punto di vista dei produttori, proteggersi dai prodotti imitativi e dall’imitazione servile diventa una vera priorità per salvaguardare l’innovazione e tenere viva la fiducia dei consumatori.
Ma cosa s’intende esattamente con questi termini? E come possono le aziende difendere il loro prezioso patrimonio di proprietà industriale e intellettuale dalle pratiche scorrette?
Scopriamolo!
 

1. Cos'è un “prodotto lookalike”? E cos'è l’imitazione servile?

1.1 Definizione e caratteristiche del lookalike

I prodotti definiti “lookalike” non rientrano nella contraffazione in senso stretto, ma riproducono intenzionalmente l’aspetto estetico, il design del packaging o altri elementi distintivi di brand già consolidati sul mercato. Il loro scopo principale è confondere il consumatore circa l’effettiva provenienza dell’articolo sfruttando in modo sleale la notorietà e l’attrattiva dei marchi di successo. Così facendo puntano a sottrarre quote di mercato ai marchi originali, beneficiando dell’immagine consolidata e della fiducia che questi hanno saputo guadagnare presso il pubblico nel corso del tempo.

Gli elementi che vengono spesso ripresi sono:

  • Colori e grafica del packaging;
  • Forma del contenitore (bottiglie, flaconi, vasetti, scatole ecc.);
  • Denominazioni evocative che ricordano il prodotto originale;
  • Disposizione degli elementi grafici e testuali sulla confezione;
  • Utilizzo di caratteri tipografici simili a quelli dell’originale.

Un esempio emblematico è costituito dai prodotti a marchio del distributore (private label) che riprendono volutamente l’aspetto di marchi industriali ben noti, così da sfruttarne la notorietà e incentivare l’acquisto da parte dei consumatori. Questa strategia risulta particolarmente diffusa nei supermercati dove i prodotti imitativi vengono collocati sugli scaffali accanto agli originali, generando in modo consapevole confusione nel consumatore e facendo leva su prezzi decisamente più bassi.
 

1.2 La differenza con l'imitazione servile

Se i lookalike giocano sulla somiglianza, l’imitazione servile va oltre: qui non si tratta semplicemente di evocare il brand originale ma di copiarlo fedelmente in ogni dettaglio non funzionale. La somiglianza è così forte che il consumatore può essere ingannato anche osservando il prodotto da vicino.

La legge italiana, in particolare l’articolo 2598 del Codice Civile, classifica l’imitazione servile come una forma di concorrenza sleale, vietando l’impiego di segni distintivi suscettibili di generare confusione con quelli di un concorrente o l’imitazione pedissequa delle sue forme. Questa norma protegge le aziende da pratiche che creano confusione tra i consumatori o che sfruttano in modo indebito il lavoro e gli investimenti altrui.
 

1.3 Conseguenze sul mercato e sulle aziende

Le conseguenze delle pratiche di distribuzione di prodotto simile e imitazione servile sono profonde e multiformi. Per le aziende titolari dei marchi originali si tratta soprattutto di affrontare perdite economiche e nella graduale percezione al ribasso del valore del marchio, frutto spesso di anni di investimenti in qualità e comunicazione. I consumatori, dal canto loro, possono trovarsi disorientati operando scelte d’acquisto basate su una somiglianza fuorviante anziché su una consapevole distinzione tra i vari prodotti. Inoltre, qualora un consumatore acquisti per errore un articolo imitativo di qualità inferiore, le eventuali delusioni rischiano di ricadere sul marchio autentico, minando la fiducia e la fedeltà che i clienti storici hanno maturato nel tempo.
 

⚖️ Forme uguali, packaging simili: quando scatta la concorrenza sleale?

Barilla e Tedesco si sono sfidate in tribunale per un caso di lookalike e concorrenza sleale. La somiglianza tra i prodotti può essere davvero un'arma legale? Ecco cosa è successo in questa battaglia giudiziaria!
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2. Tutela legislativa contro la concorrenza sleale e l’imitazione servile

Il nostro ordinamento giuridico offre diverse strade per contrastare il fenomeno dei prodotti d’imitazione. In Italia, oltre all'articolo 2598 citato sopra, possiamo attingere alla tutela del marchio disciplinata dagli articoli 7 e 20 del Codice della Proprietà Industriale. Tali norme possono estendersi anche alla forma del prodotto o della confezione attraverso la registrazione del design o del packaging come modello industriale (artt. 32-33bis del Codice della Proprietà Industriale).
A livello europeo, la Direttiva 2005/29/CE mira a salvaguardare gli interessi economici dei consumatori vietando ogni pratica commerciale sleale in grado di indurli in errore o di influenzarne in modo improprio le decisioni d’acquisto. Tale normativa rappresenta un ulteriore strumento di tutela contro i prodotti lookalike e le imitazioni servili.

 

3. Strategie di protezione del brand

3.1 Strategie per prevenire e contrastare i prodotti simili

L'esperienza ci insegna che la protezione del brand è un processo continuo, non un'azione una tantum come registrare un marchio e sperare per il meglio. Serve un approccio proattivo che includa:

  • Un monitoraggio costante del mercato;
  • Una documentazione meticolosa di ogni aspetto distintivo del brand;
  • Una strategia legale chiara e pronta all'uso;
  • Un network di professionisti specializzati pronti a intervenire.

Investire in un design innovativo e distintivo è uno dei modi più efficaci per proteggersi dai prodotti troppo similari perché più un prodotto è unico, più sarà difficile copiarlo senza tradirne l’autenticità. Questo non solo protegge il brand, ma lo rende anche più attraente agli occhi dei consumatori.

Oltre all'innovazione nel design, la registrazione preventiva dei diritti di proprietà industriale rappresenta un deterrente cruciale contro le imitazioni. La registrazione del marchio, del design industriale e, se applicabile, del diritto d'autore conferisce alle aziende una posizione più solida per intraprendere azioni legali e ottenere provvedimenti inibitori contro i concorrenti sleali.

Un altro aspetto cruciale nella lotta contro le copie commerciali è dato dall’educazione dei consumatori: le aziende devono comunicare in modo chiaro il valore dell’originalità, raccontando la storia del loro marchio e sottolineando gli elementi che rendono unici i loro prodotti. Questo può essere fatto attraverso campagne pubblicitarie, packaging informativi e una presenza attiva sui social media.

Da non tralasciare anche il monitoraggio costante del mercato e le azioni rapide contro le imitazioni: infatti, più a lungo un prodotto lookalike o un'imitazione servile rimangono sul mercato, più difficile sarà rimuoverli e ripristinare l'integrità del brand originale.

 

Caso pratico: un'azienda può davvero vincere contro i lookalike?

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3.2 Azioni legali e difesa del brand

Nonostante gli sforzi preventivi, è possibile che le aziende si trovino a dover affrontare casi di lookalike o imitazioni servili sul mercato. In queste situazioni è fondamentale essere pronti ad agire tempestivamente attraverso azioni legali.
Quando un articolo ispirato ad un marchio noto causa danni economici e reputazionali, l’azienda può:

  1. Inviare lettere di diffida all’impresa imitatrice;
  2. Segnalare il caso alle autorità competenti;
  3. Agire in sede civile per ottenere l’inibitoria alla vendita e il risarcimento del danno.

È però importante specificare che l'efficacia delle azioni legali dipende dal caso specifico, infatti non tutte le cause contro i lookalike hanno lo stesso esito e i tribunali valutano diversi fattori prima di stabilire se un prodotto imitativo costituisce concorrenza sleale o violazione dei titoli industriali. La somiglianza tra i prodotti deve essere tale da ingannare un consumatore medio e non limitarsi a semplici richiami stilistici. Inoltre, se il design del prodotto o del packaging non è stato registrato o se gli elementi copiati non sono sufficientemente distintivi, la difesa del brand potrebbe risultare più complessa.
È quindi cruciale che le aziende raccolgano prove solide come sondaggi sulla confusione dei consumatori, analisi di mercato e documentazione sull'uso consolidato del marchio, per rafforzare la propria posizione legale. In alcuni casi una strategia negoziale o la pressione mediatica possono rivelarsi più efficaci rispetto ad una lunga disputa legale.

Affrontare le vie legali richiede indubbiamente professionisti preparati: avvocati e consulenti in proprietà industriale sono le figure ideali per aiutare le imprese in questo senso.

In definitiva, le difficoltà poste da queste pratiche subdole esistono ma sono affrontabili: le aziende devono adottare un approccio integrato che combini strumenti legali, innovazione e comunicazione. Solo così sarà possibile proteggere il valore del proprio brand e continuare a crescere in un mercato altamente competitivo.
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Data

24/02/2025

Categoria

notizia

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