il festival di sanremo e la proprieta intellettuale

Capita spesso di assistere a discussioni sul Festival di Sanremo in contesti apparentemente lontani dal mondo legale. Eppure dietro l’inconfondibile palcoscenico del teatro Ariston, si dipana un labirinto giuridico sorprendentemente complesso. L’evento, oltre ad essere una celebrazione della musica italiana, costituisce un luogo dove la creatività incontra il diritto; dove marchi, format televisivi, diritti d’autore e anche accuse di plagio si mescolano in un’autentica sinfonia legale. A chi volesse approfondire tali dinamiche non può sfuggire il fascino di questo vero e proprio "laboratorio" normativo.
Vediamolo nel dettaglio.
 

Il “marchio Sanremo”, un nome che vale oro

Avvicinandosi alla questione del "Festival della Canzone Italiana", potrebbe venire in mente soltanto un importante show trasmesso a milioni di telespettatori. Ma dietro quella denominazione c’è un marchio dal valore economico e simbolico gigantesco, registrato nel 2000 (registrato con il n. 302000900885022) e di proprietà del Comune di Sanremo che lo ha concesso in uso esclusivo alla RAI tramite convenzioni decennali. Questa concessione ha permesso alla RAI di mantenere il controllo operativo e di sfruttamento economico del Festival, non senza critiche.

Logo del marchio Sanremo depositato presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, simbolo del valore economico e culturale del Festival.

Il marchio denominativo legato al Festival di Sanremo, di proprietà del Comune di Sanremo, così come depositato presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi.


Recentemente proprio questa concessione è stata oggetto di un acceso scontro legale culminato con la pronuncia del TAR Liguria (Sentenza N. 00843/2024 del 5/12/2024) nella quale il tribunale ha stabilito che, per l’assegnazione dell’organizzazione del Festival dal 2026 in poi, il Comune avrebbe dovuto adottare una procedura di evidenza pubblica garantendo così maggiore trasparenza e concorrenza. La sentenza è arrivata in seguito al ricorso di una società interessata ad ottenere i diritti economici e la gestione del Festival.
Tutto questo potrebbe sembrare un semplice tecnicismo? Non esattamente, infatti in gioco ci sono i diritti di trasmissione, le sponsorizzazioni, il merchandising, tutti gestiti sotto la supervisione della RAI tramite accordi pluriennali con il Comune. Secondo stime accreditate, il valore complessivo dell’evento è intorno ai 60 milioni di euro annui, di cui 42 derivati dalla raccolta pubblicitaria e i restanti dall’impatto economico diretto e indiretto sul territorio sanremese.

Sappiamo bene che la disciplina del marchio – contenuta principalmente nel D.lgs. 30/2005 (Codice della proprietà industriale aggiornato con Legge n. 102 del 24/07/2023) – tutela sia la funzione distintiva, sia l’intrinseco valore economico di quel nome. Nondimeno la complessità di questa vicenda si è ulteriormente ampliata a seguito del ricorso presentato dalla RAI contro la sentenza del TAR Liguria. Gli avvocati della RAI hanno basato il ricorso su un punto chiave: 

Non esiste il Festival di Sanremo senza di noi, il marchio è inscindibile dal format. 

Questo principio da loro sostenuto sottolinea la storicità del legame tra la RAI e il Festival.
Il TAR aveva già rigettato questa tesi, sottolineando che il marchio “Festival della Canzone Italiana” non può essere considerato inscindibile dal format RAI, aprendo la possibilità che, in futuro, possa essere associato anche a un format alternativo.

Ad oggi sappiamo con certezza che: mentre il TAR ha stabilito che dal 2026 il Comune di Sanremo dovrà avviare una gara pubblica per l’assegnazione dell’organizzazione, ha anche riconosciuto che la RAI manterrà la titolarità del format e il controllo operativo fino all’edizione 2025 preservando la continuità e il modello televisivo esistente. Dal 2026 in poi, il Comune avrà la possibilità di scegliere operatori diversi per la gestione del marchio e per l’organizzazione del Festival, creando un nuovo scenario competitivo.

Occorre però fare una netta distinzione tra il marchio “Sanremo” e l’idea creativa che anima il Festival, ovvero il format. Mentre il marchio contraddistingue il nome legato all’evento, il format corrisponde alla struttura editoriale concepita e realizzata dalla RAI. Questi due elementi, pur coesistendo nello stesso spazio mediatico, seguono regole di disciplina differenti.

Il futuro rimane incerto e, alla data di pubblicazione di questo articolo, l’evolversi della vicenda risulta ancora sconosciuto.

Proseguendo invece nel nostro viaggio sui diritti connessi al Festival di Sanremo, è importante ricordare un altro aspetto chiave dato dal Regolamento interno del Festival, il quale costituisce una fonte normativa secondaria ma essenziale per determinare le modalità di partecipazione, la selezione delle canzoni e la conformità ai requisiti legali come la protezione dei dati personali ai sensi del GDPR (Regolamento UE 679/2016).


 

La “tutela del format” del Festival di Sanremo

Come accennato sopra, oltre al marchio, un altro elemento cruciale nel panorama della proprietà intellettuale del Festival è la tutela del format. Ma cosa si intende per format e come può essere protetto giuridicamente?
Il format rappresenta la struttura concettuale ed editoriale di un progetto creativo che può spaziare tra diverse tipologie di opere: non solo programmi televisivi, ma anche opere teatrali, format radiofonici, format online e soggetti cinematografici.
Questo include elementi quali le regole dello show, le dinamiche narrative, gli elementi visivi ricorrenti e gli aspetti caratterizzanti che ne definiscono l’identità distintiva. Nel caso del Festival di Sanremo, ad esempio, il format comprende una combinazione unica di esibizioni canore, votazioni, ospiti d’eccezione e scenografie iconiche che hanno reso l'evento un appuntamento culturale senza eguali.

La mancata tutela del format può comportare rischi di plagio o imitazione non autorizzata da parte di terzi. Al contrario, una corretta protezione può trasformare il format in un asset commerciale strategico concedibile in licenza a emittenti o produttori televisivi.

Come proteggere un format?

A differenza del marchio che può essere registrato per ottenere un titolo di proprietà industriale, la tutela del format si fonda principalmente sul diritto d’autore. In Italia, il format può essere considerato un’opera dell’ingegno pertanto suscettibile di protezione autoriale se presenta un livello sufficiente di originalità e creatività e per garantirne una tutela efficace è necessario adottare alcune buone pratiche. Fondamentale è poter certificare ufficialmente la data di creazione e la paternità dell’opera e una via per ottenerle è il deposito presso la SIAE (Società Italiana degli Autori ed Editori): il processo richiede una descrizione dettagliata del progetto e il completamento di moduli specifici.
La protezione di un format televisivo depositato presso la SIAE ha una validità di tre anni e può essere rinnovata su richiesta del depositante per lo stesso periodo, previo pagamento dell'importo stabilito. Il deposito serve principalmente a fornire prova dell'anteriorità della creazione e non è necessario essere iscritti alla SIAE per effettuarlo.
È però bene specificare che, in generale, il diritto d'autore su un'opera creativa dura per tutta la vita dell'autore più 70 anni dopo la sua morte.
Per opere inedite diverse dai formati televisivi, il deposito presso la SIAE ha una durata di cinque anni, rinnovabile senza limiti finché l'opera rimane inedita.

L’importanza della documentazione

Per garantire una tutela adeguata, è essenziale mantenere una documentazione dettagliata del processo creativo: bozze, copioni, schemi narrativi e altri materiali possono costituire prove fondamentali per dimostrare la paternità del format e il suo carattere originale.

 


“Plagio musicale”: quando le note diventano un campo di battaglia

Ad ogni edizione del Festival di Sanremo non mancano le polemiche su possibili casi di plagio. Ma che cosa si intende, in senso stretto, per plagio musicale?
L’art. 171 della legge sul diritto d’autore (L. 633/1941) non definisce specificamente il plagio musicale come fattispecie autonoma di reato. Tuttavia punisce le condotte che consistono nella riproduzione o diffusione abusiva di opere altrui senza autorizzazione, comprese quelle musicali. Il plagio musicale è considerato un'ipotesi di contraffazione qualificata e aggravata quando si accompagna all'usurpazione della paternità dell'opera, comportando pene significative che possono includere multe a partire da poche centinaia di euro, fino ad arrivare a cifre più alte nei casi di contraffazione aggravata. Nei casi più seri la sanzione può comprendere la reclusione fino a un anno. In ogni caso, per le controversie civili, l’art. 158 della Legge sul Diritto d’Autore consente di raggiungere accordi transattivi (ad esempio sul risarcimento dei danni). In ambito penale, invece, l’estinzione del reato mediante pagamento di una somma (oblazione) è regolata dalle norme del codice di procedura penale, non dall’art. 158 L.d.A.

Sebbene la Legge sul Diritto d’Autore non contempli espressamente le nozioni di “plagio oggettivo” e “plagio soggettivo”, la giurisprudenza e la dottrina italiane distinguono tra:

  • Plagio soggettivo: quando due opere, pur essendo simili, vengono realizzate senza influenze reciproche (cioè in maniera del tutto autonoma).
  • Plagio oggettivo: quando il secondo autore trae effettivamente ispirazione o riprende in modo sostanziale un’opera preesistente, senza il consenso dell’originario autore.

Per dimostrare quest’ultima ipotesi, il primo autore deve provare sia la priorità temporale della propria composizione, sia l’assenza di originalità nella creazione successiva. Tale distinzione di natura interpretativa e non codificata trova applicazione pratica nei procedimenti per presunto plagio musicale, nei quali il giudice valuta la misura in cui gli elementi copiati costituiscano l’essenza creativa dell’opera antecedente.

La giurisprudenza ha inoltre sottolineato che la somiglianza tra due canzoni debba essere valutata in termini qualitativi e non puramente quantitativi. In altre parole non basta contare le note comuni o paragonare fugacemente la linea melodica: occorre stabilire se gli elementi copiati costituiscano l’essenza creativa dell’opera antecedente. Una semplice sequenza di accordi non necessariamente configura plagio, a meno che non rappresenti il cuore pulsante di una canzone.
Infine, il concetto di “plagio-contraffazione” si applica quando l’appropriazione della paternità è accompagnata da uno sfruttamento economico illecito dell’opera originale.

Quando tali accuse sorgono, ci si affida spesso a un perito musicale incaricato di analizzare le composizioni in conflitto. Non tutte le questioni di plagio finiscono però davanti a un giudice, anzi capita spesso che i protagonisti si accordino prima per evitare i costi, i tempi e l’alea di un giudizio lungo e complesso. In fondo, quando le somiglianze sono sottili o interpretative, procedere in sede giudiziaria può rivelarsi un percorso particolarmente tortuoso.

 

 

“Scenografie e diritto d’autore”: quando l’arte incontra il digitale

Non bisogna dimenticare che il Festival non mette in vetrina soltanto la musica: le scenografie sono parte integrante di uno spettacolo in costante evoluzione e, ogni anno, la produzione investe considerevoli risorse per realizzare allestimenti scenici che stupiscano pubblico e critici. Anche quelle creazioni sono tutelate dal diritto d’autore!

Un precedente di grande rilievo si è registrato nell’edizione 2016 quando la Rai utilizzò – senza autorizzazione – l’opera digitale “The Scent of the Night” dell’architetto Chiara Biancheri.
La Corte di Cassazione accertò in seguito la violazione del diritto d’autore, affermando che l’opera digitale, frutto di un’elaborazione creativa umana, è meritevole di piena protezione.
La discussione sul punto è emblematica nell’epoca che stiamo vivendo, caratterizzata dal crescente impiego di software e talvolta da intelligenze artificiali nei processi produttivi e artistici. 

Scenografia del Festival di Sanremo 2016 con l’opera digitale “The Scent of the Night” di Chiara Biancheri, esempio di tutela artistica.

Festival di Sanremo 2016, scenografia con rappresentazione dell’opera “The Scent of the Night” dell’architetto Chiara Biancheri.

 

In particolare nel caso Biancheri, il software impiegato per creare l’immagine sfruttava algoritmi frattali in grado di produrre schemi ripetuti su diverse scale dimensionali. La RAI ha cercato di sostenere che tale meccanismo limitasse l’apporto creativo umano, tuttavia la Corte ha sottolineato la necessità di verificare con attenzione fino a che punto l’utilizzo del software abbia influenzato o eventualmente ridotto il contributo artistico originale dell’autrice.
La giurisprudenza sottolinea infatti come l’utilizzo di strumenti tecnologici non escluda la sussistenza di un’opera tutelata, purché alla base vi sia l’apporto originale di un autore in carne e ossa.

Il diritto d’autore tutela le opere che mostrano un “carattere creativo”, ossia la capacità di riflettere la personalità dell’autore: non è necessario che l’opera sia completamente nuova o rivoluzionaria, ciò che conta è che l’idea dell’autore si traduca in una forma concreta e visibile, tale da esprimere la sua visione personale in modo distintivo rispetto ad altre creazioni.

E la Corte di Cassazione ha ribadito come, nel caso Biancheri, il disegno digitale del fiore non fosse frutto di una semplice esecuzione automatica, ma il risultato di un approccio artistico individuale. Questo distingue nettamente l’idea astratta (che non può essere protetta) dalla sua espressione concreta, la quale può invece essere oggetto di protezione legale. Tale distinzione è cruciale per comprendere perché opere basate su soggetti comuni, come un fiore, possano comunque essere protette se presentano un’elaborazione personale dell’autore.

È chiaro che, con la crescente diffusione dell’intelligenza artificiale, i parametri per stabilire originalità e paternità potrebbero evolvere in modo radicale. Di sicuro nei prossimi anni assisteremo a un fermento giurisprudenziale decisamente stimolante, tanto per chi studia le normative quanto per chi pratica attivamente la professione legale.

 


“Diritti morali e censura”: il fragile equilibrio tra libertà artistica e regole editoriali

Non è un segreto che il Festival di Sanremo non sia solamente un palcoscenico musicale, ma anche una vetrina di dibattiti culturali e, talvolta, di tensioni tra libertà d’espressione e il rispetto delle regole editoriali: nel regolamento di partecipazione gli artisti sono tenuti ad adeguarsi a linee guida stringenti che tengono conto sia della sensibilità del pubblico, sia delle norme legislative.

Questo bilanciamento coinvolge direttamente i diritti morali d’autore, tutelati dall’art. 20 della legge sul diritto d’autore, che permette agli autori di opporsi a modifiche delle loro opere che possano comprometterne l’integrità.

La giurisprudenza ha sviluppato due principali tesi interpretative riguardo il significato di “pregiudizio all’onore e alla reputazione” dell’autore:

  1. La prima tesi interpreta l’onore e la reputazione come un’endiadi, ossia un concetto unitario che racchiude i valori morali, civili e artistici espressi dall’opera. Secondo questa visione, il pregiudizio esiste quando la modificazione induce il pubblico a formarsi un’idea distorta della personalità dell’autore. La lesione viene valutata caso per caso: ad esempio non è sempre detto che l’utilizzo di un brano musicale come colonna sonora di uno spot pubblicitario comprometta automaticamente il diritto morale dell’autore se non altera il significato dell’opera.
  2. La seconda tesi, sostenuta da un’altra parte della giurisprudenza, attribuisce maggiore rilevanza alla soggettività dell’autore considerando l’onore come il sentimento personale dell’autore rispetto alla propria opera, e la reputazione come il giudizio esterno che altri danno di essa. In questa prospettiva il danno può sussistere anche quando la modifica non altera il significato dell’opera, ma offende il sentimento creativo dell’autore.

Un esempio pratico di questo dibattito riguarda i numerosi casi di censura a Sanremo, come il cambio del titolo e dei versi di "4 marzo 1943" di Lucio Dalla o l’eliminazione di riferimenti pubblicitari nei testi di Achille Lauro. La giurisprudenza riconosce che, qualora l’autore accetti volontariamente le modifiche per rispettare il regolamento del Festival, non vi sia violazione dei suoi diritti morali. Ad ogni modo, l’art. 22 L.d.a. lascia aperta la possibilità che l’autore possa successivamente pubblicare la versione originale dell’opera, riconciliando così le esigenze di visibilità con la tutela della propria integrità artistica.

In questo contesto, Sanremo rappresenta un laboratorio ideale per l’evoluzione giuridica: ogni anno nuove dinamiche tra censura e creatività spingono giuristi, autori e studiosi a ridefinire i confini di quello che può essere considerato un compromesso accettabile tra regole e libertà.

 

 

L’economia del Festival come volano per l’industria musicale, ma non solo

Sanremo non è solo una celebrazione della musica italiana, ma un meccanismo economico colossale: si stima che ogni edizione generi all’incirca 50-60 milioni di euro in ricavi pubblicitari. Per chi lavora nella discografia rappresenta un trampolino di lancio fondamentale; per chi ha già un nome affermato può invece segnare un momento di rilancio professionale.
Le canzoni in gara, attraverso l’eco di un’enorme esposizione mediatica, spesso diventano successi commerciali duraturi: non è raro che gli artisti sfruttino proprio la visibilità del Festival per accrescere il valore del loro repertorio e stringere accordi milionari.
In un’epoca dominata dallo streaming, i diritti d’autore forniscono infatti un flusso costante di entrate, tanto da attrarre fondi d’investimento e case discografiche desiderose di diversificare i propri asset finanziari.

 


Sanremo come “laboratorio” giuridico e creativo

In definitiva, il Festival di Sanremo non è soltanto un concerto trasmesso in diretta TV, ma un vero e proprio crocevia dove musica, legge e diritti si sovrappongono. Qui si sperimentano forme nuove di tutela del marchio, si dirimono controversie sul plagio musicale, si proteggono le scenografie, si discute di diritti morali e si concretizza il valore economico delle opere.
Con l’avvento delle tecnologie digitali e la crescita dell’intelligenza artificiale non possiamo che aspettarci un’evoluzione ancora più dinamica delle norme e delle interpretazioni giurisprudenziali, sia a livello nazionale sia europeo.
Sanremo, grazie alla sua storia e alla sua continua capacità di reinventarsi, rimane un simbolo di questo cambiamento e un osservatorio privilegiato per chiunque si occupi – da professionista o da studioso – di proprietà industriale e intellettuale.


Non c’è dubbio, perciò, che continueremo a guardare (e ascoltare) ogni successiva edizione consapevoli che dietro alle luci sfavillanti e alle grandi emozioni musicali si cela un universo legale estremamente affascinante e in continua trasformazione.

Data

10/02/2025

Categoria

notizia

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