In breve:
la Corte d'Appello britannica ha stabilito che Aldi ha indebitamente sfruttato la reputazione di Thatchers imitando il design del suo sidro al limone. Una decisione importante che potrebbe rivoluzionare il modo in cui le catene di supermercati propongono alternative a basso costo dei prodotti di marca. Non è necessario provare una confusione diretta dei consumatori: è sufficiente dimostrare che il design richiami intenzionalmente quello del prodotto protetto, creando un legame nella mente dei consumatori che possa essere sfruttato per ottenere un vantaggio competitivo.
Immaginate di entrare in un negozio alla ricerca del vostro profumo preferito e trovarne uno quasi identico nell'aspetto, ma a metà prezzo. "È quasi uguale", dice il commesso, "solo più economico". Vi suona familiare? È esattamente il tipo di situazione che ha scatenato una delle battaglie legali più recenti nel mondo del beverage britannico, una storia che ci aiuta a capire dove finisce l'ispirazione e inizia l'imitazione.
Tutto comincia in un tranquillo pomeriggio del 2020 nei laboratori della Thatchers, storica azienda familiare del Somerset che dal 1904 delizia i britannici con il suo sidro. Martin Thatcher, quarta generazione a dirigere l’azienda di famiglia, sta assaggiando l'ultima creazione: un innovativo sidro al limone che, pur non essendo il primo del suo genere, si è rapidamente distinto per la qualità e il design distintivo del packaging. È diverso da tutto ciò che c'è sul mercato e Martin lo sa, tanto da investire non solo nello sviluppo del prodotto, ma anche nella registrazione di un marchio specifico (UK00003489711) per proteggerne l’aspetto grafico: limoni dorati e foglie verdi su uno sfondo chiaro, con la promessa "made with real lemons" ben in evidenza.
È come se un artista firmasse il proprio quadro: quel design diventa la firma visiva di Thatchers nel mondo dei sidri al limone e, in pochissimo tempo, il prodotto acquisisce una reputazione tale da essere considerato "well known" nonostante sia sul mercato solo da pochi anni.
Ma la tranquillità dura poco: nel maggio 2022, Aldi - il colosso tedesco del discount - lancia nei suoi supermercati un prodotto dal packaging sorprendentemente simile sotto il marchio "Taurus".
Per capire perché questa mossa ha fatto scattare l'allarme, pensate ad una band musicale che ha sempre suonato heavy metal con abiti di pelle nera e, improvvisamente, si presenta sul palco in completo bianco suonando jazz. È esattamente quello che ha fatto Aldi: la linea Taurus aveva sempre utilizzato un design caratteristico (testo bianco su sfondo nero con "swoosh" colorati), ma per questo prodotto aveva completamente abbandonato il proprio stile adottando una grafica che ricordava da vicino quella di Thatchers.
A questo punto, come in ogni buon dramma che si rispetti, entra in scena la giustizia. Nel settembre 2022, Thatchers si rivolge all'Intellectual Property Enterprise Court (IPEC), un dettaglio non trascurabile: nel sistema giudiziario britannico, questo tribunale specializzato permette una procedura rapida ed efficace in termini di costi, con la possibilità di accedere alla "disclosure", ovvero l'accesso ai documenti interni che possono provare l'intento di imitazione.
Le comunicazioni interne ottenute durante la fase di disclosure hanno mostrato che Aldi aveva utilizzato il sidro di Thatchers come riferimento per il proprio prodotto: tali istruzioni indicavano che il design doveva creare una forte associazione visiva con il marchio Thatchers, senza necessariamente confondere i consumatori.
Il design di Thatchers era stato indicato quindi come il benchmark principale per la creazione del prodotto Taurus, con precise istruzioni per replicare elementi visivi distintivi come i limoni e le foglie.
L'azienda presenta tre accuse principali, che possiamo paragonare a tre diversi reati:
Aldi si difende utilizzando la Sezione 11(2)(b) del Trade Marks Act, sostenendo che l'uso di elementi descrittivi come limoni e foglie dovrebbe essere disponibile per tutti i concorrenti. Ma c'è un problema: come sottolineerà poi la Corte d'Appello, non si possono separare artificialmente gli elementi di un design per sostenere che alcuni sono descrittivi - il design va valutato nel suo insieme.
In primo grado, nel gennaio 2024, la giudice Melissa Clarke dà ragione ad Aldi ritenendo che le differenze tra i due design fossero sufficienti per evitare la confusione, evidenziando che il prodotto Thatchers non fosse venduto nei negozi Aldi, riducendo il rischio di confusione diretta.
Ma in appello, il 20 gennaio 2025, il giudice ribalta completamente la situazione: la sua analisi è particolarmente interessante perché distingue chiaramente tra i test per la Sezione 10(2) (confusione) e 10(3) (sfruttamento della reputazione). La decisione di primo grado che attribuiva una bassa somiglianza tra i marchi e negava lo sfruttamento della reputazione, viene completamente ribaltata dalla Corte d’Appello ritendo che Aldi abbia tratto vantaggio dall’associazione intenzionale con Thatchers, sfruttando così la notorietà del marchio per ottenere profitti senza investimenti pubblicitari.
Il giudice cita anche il precedente caso “Specsavers” sulla rilevanza dell'uso tridimensionale di marchi bidimensionali, spiegando che non si può ignorare come Thatchers usi il suo marchio sulle lattine cilindriche: il fatto che il marchio di Thatchers sia bidimensionale ma applicato su superfici tridimensionali (come le lattine cilindriche) non altera il grado di protezione legale garantito al marchio stesso.
La Corte d'Appello ha stabilito che, indipendentemente dal fatto che i consumatori fossero confusi o meno, il punto centrale è che Aldi ha tratto vantaggio dalla reputazione di Thatchers per ottenere vendite senza investire in pubblicità.
Il giudice ha spiegato che Aldi avrebbe dovuto prevedere le obiezioni di Thatchers e che il comportamento adottato non era conforme alle pratiche oneste nel commercio poiché mirava a sfruttare deliberatamente la reputazione del marchio rivale.
La Corte ha sottolineato che Aldi ha ottenuto importanti volumi di vendita senza effettuare investimenti pubblicitari, dimostrando che i consumatori erano attratti dal prodotto a causa della percepita somiglianza con il sidro Thatchers.
Prima di analizzare i punti salienti della decisione della Corte, è importante comprendere come il design e l'intenzione alle sue spalle possano influenzare profondamente la percezione del marchio e la concorrenza sleale. In questo caso il packaging non è stato solo una scelta estetica, ma un vero e proprio strumento per guadagnare vantaggi indebiti come dimostrato dalla sentenza.
La Corte evidenzia quattro punti fondamentali:
In aggiunta, i social media hanno giocato un ruolo importante nel mostrare come i consumatori percepissero una chiara associazione tra i due prodotti, rafforzando la tesi secondo cui Aldi abbia sfruttato la reputazione di Thatchers: frasi estrapolate dai messaggi degli utenti come "una copia del sidro al limone di Thatchers", "sembra un'imitazione" e "non è esattamente Thatchers, ma a metà prezzo va bene lo stesso" dimostrano che Aldi è riuscita a trasmettere l'immagine di un'alternativa economica ad un marchio consolidato.
Questo tipo di reazione ha rafforzato la tesi secondo cui Aldi abbia sfruttato la reputazione di Thatchers per promuovere le proprie vendite.
La Corte ha evidenziato che, anche se non c’era intento esplicito d’ingannare i consumatori, le scelte di design fatte da Aldi avevano come obiettivo quello di evocare una forte associazione con Thatchers sfruttando la reputazione del brand per ottenere un vantaggio competitivo.
La decisione si basa sul famoso precedente 'L'Oréal v. Bellure' che ha stabilito che, anche in assenza di confusione diretta, uno sfruttamento sleale della reputazione può configurare una violazione. La Corte ha applicato questo principio per proteggere Thatchers dal tentativo di Aldi di guadagnare vantaggi sfruttando il valore del marchio altrui.
Nonostante Aldi avesse chiesto alla Corte di discostarsi da questo precedente, i giudici hanno rifiutato sottolineando che fornisce una base solida per valutare lo sfruttamento sleale della reputazione altrui.
C'è un lato ironico in questa vicenda che non è sfuggito ai giudici: se questo caso fosse stato discusso in Germania, paese d'origine di Aldi, l'azienda avrebbe probabilmente perso per concorrenza sleale anche senza il ricorso alla violazione del marchio, sottolineando le differenze legislative tra i sistemi. Questo evidenzia come il Regno Unito, dove i "prodotti lookalike" sono più diffusi che nel resto d'Europa, stia forse muovendo i primi passi verso una più ampia protezione contro la concorrenza sleale. Per fugare ogni dubbio, si definiscono “prodotti lookalike” le imitazioni di prodotti originali che ripropongono il loro aspetto esteriore pur differendo in qualità, composizione o prestazioni.
Il caso rappresenta dunque un importante precedente per la tutela dei marchi nel Regno Unito, indicando che le somiglianze visive intenzionali possono configurare una violazione anche in assenza di confusione diretta: ciò rafforza la protezione legale contro i prodotti imitativi, un tema cruciale per i brand che basano il loro successo sull’identità visiva.
Tornando ai contendenti, Aldi ha annunciato che farà ricorso alla Corte Suprema, affermando che "offre marchi esclusivi come alternative a basso costo ai prodotti di marca più costosi" e che "i clienti Aldi sanno cosa stanno comprando quando fanno acquisti da noi".
Sarà interessante seguire il corso.
Per concludere, la prossima volta che vedrete un prodotto che vi ricorda "stranamente" un marchio famoso, ricordatevi di questa storia perché nel marketing c'è un confine sottile tra omaggio e appropriazione, tra ispirazione e imitazione. E ora, grazie a due lattine di sidro al limone, quel confine è un po' più chiaro.
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Data
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