In breve:
Perché i sandali Birkenstock non hanno copyright? Ecco i motivi che hanno portato la Corte Federale di Giustizia tedesca a negare lo status di opere d’arte applicata ai celebri sandali: secondo la sentenza, la funzionalità prevale sull’estetica escludendo la tutela del diritto d’autore. In questo articolo scoprirai l’evoluzione del marchio, la battaglia legale sulla “protezione del design vs diritto d’autore” e le prospettive future.
Dici “Birkenstock” e l'immagine che balza immediatamente alla mente è quella dei classici sandali dall'aspetto grezzo, pratici e straordinariamente comodi; un design che tutti conoscono! Pochi però immaginano la complessa strategia di tutela legale che si cela dietro questi celebri calzari.
Negli ultimi anni, infatti, Birkenstock ha perseguito un ambizioso progetto: ottenere una tutela legale che elevasse i suoi modelli più iconici da semplici prodotti industriali a creazioni artistiche. L'obiettivo era rivoluzionario perché puntava ad estendere la protezione giuridica ben oltre i 25 anni standard del design industriale, fino a raggiungere i 70 anni dopo la scomparsa del suo creatore.
Un tentativo audace che tuttavia si è infranto contro un verdetto chiaro e definitivo quando la Corte Federale di Giustizia tedesca (Bundesgerichtshof, BGH) si è pronunciata con nettezza, stabilendo un principio cruciale: i sandali Birkenstock non possono fregiarsi della protezione del diritto d'autore poiché non superano la soglia di individualità artistica richiesta.
Per analizzare la sentenza tedesca, dobbiamo prima comprendere perché Birkenstock desiderasse con tutto il suo impegno ottenere una tutela giuridica di ampia durata; è quindi importante soffermarci sulla straordinaria evoluzione del marchio.
Tutto iniziò quando Karl Birkenstock, oggi ottantottenne, presentò il primo modello alla fiera internazionale della calzatura di Düsseldorf nel 1963, dove fu accolto da scherni e derisione. All'epoca proporre un sandalo ortopedico in un mercato dominato da scarpe appuntite e tacchi alti appariva niente meno che una provocazione.
La svolta arrivò grazie a Margot Fraser, un'americana di origini tedesche che scoprì i sandali in una spa bavarese nel 1966 e ne intuì il potenziale introducendoli nel mercato statunitense. Inizialmente venduti solo nei negozi di alimentazione naturale, i Birkenstock divennero simbolo della controcultura degli anni '60, per poi conquistare gradualmente il mondo della moda nel 1990 quando Kate Moss, allora quindicenne, venne fotografata con un paio di questi sandali ai piedi.
Con il tempo, da accessorio pratico sono diventati un simbolo di stile, calzati da celebrità e persino immortalati sul grande schermo –basti pensare all’iconica scena del film Barbie in cui Margot Robbie scambia i suoi tacchi a spillo con un paio di Birkenstock– e come dimenticare Steve Jobs che indossava il modello Arizona nei primi anni della Apple.
Nel 2021 la famiglia Birkenstock passò la maggioranza delle quote al fondo L Catterton e a Bernard Arnault, patron del gruppo LVMH, segnando una svolta nella gestione aziendale. Questo ha permesso all'azienda di espandersi ulteriormente sui mercati internazionali, puntando a un posizionamento sempre più orientato al lusso.
Proprio questa crescita e diffusione ha reso i sandali un bersaglio frequente di imitazioni a basso costo, spingendo l’azienda a difendere il proprio design in tribunale.
Ma fino a che punto si può difendere una forma estetica? E dove si traccia il confine tra arte e funzionalità?
Perché Birkenstock non ha ottenuto il copyright sui suoi sandali? Questa è la domanda che ha accompagnato il lungo contenzioso dell’azienda tedesca, decisa a far riconoscere i propri modelli come opere artistiche e non solo come semplici prodotti di design industriale. L’azienda, consapevole della crescente diffusione di imitazioni dei suoi modelli iconici, ha ricercato una protezione legale più ampia tentando di far rientrare i propri sandali nella categoria delle opere artistiche protette dal diritto d'autore. Se fosse riuscita nell’intento avrebbe potuto beneficiare di una tutela estesa fino a 70 anni dopo la morte dell’autore, un enorme vantaggio rispetto ai 25 anni concessi ai design industriali.
I modelli principali al centro di questa strategia riguardano i più celebri del marchio:
Nondimeno, la battaglia legale è stata lunga e complessa!
Il procedimento ha avuto inizio nel 2023, quando Birkenstock avviò una serie di azioni legali contro diverse aziende concorrenti tra cui la catena tedesca Tchibo. Il Tribunale Regionale di Colonia (LG Köln) inizialmente diede dato ragione all’azienda riconoscendo che il design dei suoi sandali meritava una protezione più ampia.
Ma la battaglia era tutt’altro che conclusa.
Nel gennaio 2024, la Corte d’Appello di Colonia (OLG Köln) ribaltò la precedente decisione stabilendo che i sandali non possedevano un sufficiente grado di creatività artistica per essere considerati opere d’arte applicata. Per Birkenstock, però, la posta in gioco era troppo alta per arrendersi: il caso fu quindi sottoposto alla Corte Federale di Giustizia (Bundesgerichtshof, BGH) cioè il massimo organo giudiziario tedesco in materia di diritto civile e commerciale.
Per concludere, il 20 febbraio 2025 la Corte Federale di Giustizia tedesca (Bundesgerichtshof) ha emesso la sentenza definitiva: i sandali Birkenstock non possono essere considerati opere d’arte e non sono tutelabili dal diritto d'autore.
Il verdetto si fonda su una specifica norma della legge tedesca sul diritto d’autore (Urheberrechtsgesetz, abbreviata in UrhG). Nello specifico, la sezione 2, comma 1, numero 4 e comma 2 di questa legge stabilisce che, per ottenere tale protezione, un’opera debba rappresentare una creazione intellettuale personale e avere un sufficiente grado di originalità.
La Corte ha sottolineato che la progettazione dei sandali è stata guidata da esigenze ergonomiche e funzionali più che da una libera espressione artistica.
Gli avvocati di Birkenstock, in difesa, hanno cercato di paragonare i loro modelli a prodotti già protetti dal diritto d'autore come i mobili di Le Corbusier e il design Bauhaus, ma la Corte ha respinto questo confronto affermando che la protezione del copyright è riservata a creazioni che dimostrano un apporto creativo indipendente dai vincoli funzionali.
La strategia difensiva di Birkenstock, orchestrata dall'avvocato Konstantin Wegner, ha tentato un'argomentazione sorprendente, quanto sofisticata: secondo Wegner, il design dei sandali sarebbe stato influenzato dal Brutalismo architettonico, movimento artistico degli anni '50 ispirato all'architetto Le Corbusier, caratterizzato da forme geometriche severe e materiali grezzi.
"Si può vedere molto chiaramente negli elementi individuali della scarpa"
Aveva sostenuto Wegner cercando di elevare il prodotto dalla dimensione meramente funzionale a quella artistica.
Parallelamente alla strategia legale, Birkenstock ha coltivato un'immagine di marca che mirava a sfruttare consapevolmente l'estetica "brutalista": ad esempio la campagna pubblicitaria “Ugly for a Reason” ha trasformato la presunta bruttezza in un vessillo identitario seguendo la stessa logica di valorizzazione delle imperfezioni che caratterizza la rivalutazione contemporanea del patrimonio brutalista.
Per nulla impressionata da questi argomenti, la Corte li ha respinti stabilendo che "l’uso di elementi di design formali e la lavorazione artigianale non sono sufficienti a conferire protezione d’autore" e ha ribadito che il diritto d’autore in Germania protegge solo le creazioni intellettuali personali, come stabilito dall’articolo 2, comma 1, numero 4 e comma 2 della legge tedesca sul diritto d'autore (UrhG).
Oltre alla battaglia per il riconoscimento del copyright, Birkenstock ha cercato di estendere la protezione legale ai suoi sandali puntando sulla caratteristica suola con curve intrecciate. L’azienda sosteneva che questo design fosse ormai un segno distintivo del marchio, ma il Tribunale Federale Tedesco, con una sentenza emessa nel 2023, ha respinto la richiesta. Secondo i giudici la suola non mostrava elementi di unicità tali da meritare la tutela di un marchio di fabbrica in quanto il suo scopo principale rimaneva di natura funzionale.
Questa decisione ha rappresentato una vittoria importante per aziende concorrenti come Goldstar Valleverde, che hanno potuto continuare a utilizzare design simili senza rischiare azioni legali.
Il contezioso ha coinvolto più giurisdizioni arrivando fino alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE), la quale nel 2018 aveva già espresso un verdetto sfavorevole a Birkenstock, negando la possibilità di registrare la suola come marchio per mancanza di originalità distintiva.
Nel 2024, la Corte di Appello di Parigi ha ribadito questa posizione respingendo il tentativo di riaprire il caso e ponendo fine a un lungo scontro giudiziario che ha coinvolto Birkenstock e diversi produttori europei. L’azienda tedesca è stata inoltre condannata a versare 10.000 euro di risarcimento a Goldstar Valleverde, oltre alle spese processuali.
Dopo la recente sconfitta giudiziaria, Birkenstock non intende abbandonare la sua battaglia legale e l’azienda sta valutando la possibilità di portare il caso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) cercando una nuova interpretazione delle norme sul copyright applicate al design industriale.
Parallelamente, il marchio ha annunciato una serie di nuove azioni legali in diversi paesi europei tra cui Italia, Francia e Olanda con l’obiettivo di contrastare le imitazioni e rafforzare la tutela dei suoi modelli iconici.
“Vogliamo garantire che gli imitatori non possano più fare soldi a spese del nostro marchio”
ha affermato un portavoce dell’azienda, confermando che Birkenstock continuerà a lottare per proteggere il proprio design nel mercato globale.
Il pronunciamento giudiziario della Corte Federale genera conseguenze di rilievo:
La pronuncia si raccorda all'orientamento giurisprudenziale europeo, specificamente richiamando la decisione Cofemel della Corte di Giustizia UE del 2019, la quale ha definito la protezione autoriale subordinata alla capacità di un'opera di riflettere "la personalità del proprio autore, quale espressione di scelte creative libere".
Il verdetto conferma l'esclusione dalla tutela autoriale per prodotti iconici connotati da prevalenti funzionalità pratiche, una conclusione che potrebbe ridisegnare gli approcci legali nel comparto moda e design industriale, stimolando le aziende a esplorare modalità innovative di protezione delle proprie creazioni.
________________________________________
Quando la tua creatività merita di essere protettaOgni imprenditore, ogni designer e ogni visionario sa quanto sia difficile trasformare un'idea in un prodotto unico. Noi di Innova&Partners sappiamo che dietro ogni progetto c'è una storia e questa storia va difesa! Da anni aiutiamo professionisti e aziende a proteggere il proprio patrimonio creativo. Non offriamo solo un servizio legale, siamo dei compagni di viaggio nel mondo complesso della proprietà intellettuale.
Abbiamo vissuto sulla nostra pelle quanto possa essere frustrante vedere qualcuno copiare il tuo lavoro; per questo sappiamo esattamente come aiutarti a difendere ogni dettaglio della tua creatività.
Hai un progetto speciale? Vuoi proteggere la tua idea prima che qualcun altro ci arrivi? Chiamaci, la prima consulenza è gratuita. |
Data
06/03/2025Categoria
historyScopri come tutelare il tuo marchio, brevetto o proprietà intellettuale con il nostro supporto personalizzato.
Compila il form per maggiori informazioni.
Sentenza Birkenstock: la Germania nega il copyright ai sandali Diritto d’autore o design industriale? Il confine dopo la decisione della Corte InLeggi tutto
Sarà capitato a tutti almeno una volta: passeggiare tra gli scaffali del supermercato e notare un prodotto nuovo che richiama un brand noto. StessoLeggi tutto
Capita spesso di assistere a discussioni sul Festival di Sanremo in contesti apparentemente lontani dal mondo legale. Eppure dietro l’inconfondibileLeggi tutto